Roma antica: passeggiata dal Campidoglio ai Fori Imperiali
Il Campidoglio è sempre stato considerato dai Romani stessi l’acropoli della città, su cui più volte si sono arroccati per difendersi: una per tutte quella contro i Galli di Brenno, che venivano dalle parti di Senigallia e che scesero a Roma nel 390 distruggendola, insieme ad altre città del centro Italia.
Perché arroccarsi proprio sul Campidoglio? Innanzitutto per la presenza di pareti ripide e scoscese e quindi di difficile accesso, che si possono notare ancora oggi osservando la parte del colle verso il Teatro di Marcello; inoltre il Campidoglio era difeso dalle mura serviane, datate al IV secolo AC, successive all’invasione del Galli. I Romani costruiscono queste mura in opera quadrata e s
i chiamano serviane perché sono state attribuite a Servio Tullio, che però è del VI secolo AC. Queste mura sono uno dei tanti casi emblematici di attribuzione a Servio Tullio, che era considerato dai Romani il nipote di Demarato, colui che dalla Grecia portò l’utilizzo del tornio e delle tegole con i coppi per le coperture.
Il Campidoglio aveva già una sua cerchia di mura come il Palatino. Un’altra occasione in cui i Romani utili
zzano il Campidoglio come roccaforte è contro Tito Tazio e quindi i sabini, in un momento precedente all’invasione del Galli; i Sabini invadono la nascente Roma ed una guarnigione di Romani si arrocca sul Campidoglio, i Sabini ten
tano di scalare le mura, forse allora fatte di legno ed appoggiate alle pareti naturali del colle, e Tito Tazio, il generale dei Sabini, seduce Tarpea, la figlia del guardiano delle mura, che aprirà le mura agli invasori e verrà poi uccisa dai Romani, gettata dalla Rupe Tarpea, dalla quale da questo episodio in poi verranno gettati tutti i traditori della patria. L’altra versione invece afferma che lei fosse avida ed amante delle cose belle, ed in cambio del suo tradimento aveva chiesto ai Sabini ciò che portavano al braccio, intendendo con ciò le armille, dei bracciali che ancora si trovano nelle tombe sia di uomini che di donne della Sabina. Tito Tazio glielo promette, ma appena i Sabini entrano la ricoprono sì di ciò che avevano al braccio, ma con gli scudi, uccidendola, perché fu considerata traditrice anche dai Sabini.
La fondazione di una città da parte di principi fa parte di un rituale che si riscontra in tutto il centro Italia, che consisteva nel far partire i principi verso altri luoghi con lo scopo di fondare altre colonie, proprio come avvenne nel caso di Romolo e Remo. In questo modo oltre ad ampliare il territorio si andavano a costituire dei legami interni molto forti, anche familiari, per il commercio: quindi non si trattava soltanto di un’espansione militare ma anche e soprattutto commerciale.
Perché si chiama Campidoglio? Perché viene da Caput Oli, un personaggio la cui esistenza è attestata da degli scavi sotto i templi della triade capitolina che si trovavano qui (Giove, Giunone, Minerva) e da cui sono venute alla luce delle tombe, tra cui quella di questo guerriero di cui rimane la testa (caput oli).
Da testimonianze archeologiche si sa che questo colle fu abitato fin dal X secolo AC: l’impasto grezzo della ceramica era infatti lavorato a stecca.
Il colle è formato da due protuberanze ed una parte centrale: l’arx o arce, e l’asilum, dove si riunivano le persone e luogo importante per le celebrazioni, ad esempio la riunione dei senatori il 1 gennaio. A queste celebrazioni partecipava anche il popolo, e queste si tenevano nel tempio della triade capitolina.
Le due statue rappresentano il Nilo ed il Tevere, due fiumi molto importanti per l’Antica Roma perché l’Egitto diventa una provincia imperiale da Augusto in poi, visto che gli imperatori volevano controllare l’afflusso di grano nella città.
Il tempio della triade capitolina era il più importante di Roma e fu inaugurato nel 509 AC, nel primo anno della Repubblica; Tarquinio il Superbo, quindi, non lo vide terminato. È stato più volte distrutto e restaurato, ma la struttura originale è quella di un tempio italico con cella sul retro e sul lato e prostilo, cioè con una fila di colonne poste davanti, nel pronao. Era decorato da terracotte architettoniche simili a quelle di Veio.
C’era anche un altro tempio nei pressi di questo dedicato a Giunone Moneta, cioè ammonitrice (da monere), perché proprio Giunone ha avvertito i Romani dell’arrivo dei Galli Senoni che volevano conquistare l’acropoli. I Romani, distrutti dopo una battaglia, si erano accampati sul colle mangiando tutti gli animali che avevano a disposizione eccetto le oche, che erano considerate l’animale sacro a Giunone, e fecero bene perché le oche, starnazzando, li svegliarono avvisandoli dell’attacco dei Galli, che riuscirono così a ricacciare indietro.
In questo tempio si è battuta moneta fino all’epoca dei Flavi, quando riorganizzando tutta Roma e nell’intento di restituire al popolo la città occupata da Nerone in un chiaro intento politico, fecero la Zecca, cioè una nuova struttura per coniare moneta, sempre basata sull’aureo ma sostituendo il bronzo con l’oricalco, una lega che comprende l’ottone, più prezioso del bronzo.
I Romani coniavano moneta nel tempio di Giunone Moneta e le portavano nel tempio di Saturno, considerato la banca della città di Roma perché all’interno del podio c’era una zona sotterranea dove si mettevano le monete.
La piazza del Campidoglio in origine affacciava verso il Foro Romano, centro politico dell’Antica Roma; Michelangelo invece nel suo progetto ne cambierà l’orientamento facendola affacciare in direzione del Vaticano, e la copre con una pavimentazione che oggi ritroviamo nelle monete da 50 centesimi di euro. Il Palazzo Senatorio, medievale, già esisteva, con struttura originale che data al 1100, e precedente a questo c’era il Tabularium, edificio di epoca sillana (88/85 AC) che serviva come uffici dell’amministrazione della città di Roma. All’interno del Tabularium erano conservate le leggi e le tavole del censo; era una sorta di archivio di Stato, durante il periodo medievale una sorta di Palazzo dei Senatori ed oggi è sede del Comune. Il Senato di Roma durante il Medioevo conia monete, e questa istituzione verrà difesa da Cola di Rienzo contro il potere del papa. Il Tabularium è un tipico edificio di epoca sillana, come il tempio di Palestrina o quello di Terracina, arroccato su un’acropoli in cima alla montagna e con delle scale di accesso. Anche l’acropoli di Ferentino è considerata sillana per questi aspetti ricorrenti.
La statua equestre è la prima copia di un monumento fatta con l’aiuto del computer grazie ad una scansione. Una leggenda medievale dice che quando la civetta alla base della statua canterà e la statua tornerà ad essere tutta d’oro Roma cadrà. La statua in bronzo originale Roma si conserva all’interno dei Musei Capitolini, e si è salvata dalla fusione perché si pensava rappresentasse Costantino, primo imperatore cristiano, e non Marco Aurelio. Il segno che fa l’imperatore è un segno di vittoria e di potere sopra le persone, e si riferisce all’episodio della vittoria dei Romani contro la tribù dei Marcomanni.
La struttura del Tabularium è fatta con blocchi di tufo peperino che sono i più duri, ed i fori servivano a sostenere delle grappe di bronzo a forma di coda di rondine previste per tenere insieme i blocchi della struttura, che non hanno cementizio né malta. Questa con blocchetti di tufo è una tipica struttura medievale romana, che viene costruita dall’XI fino al XIV secolo DC.
In altre regioni italiane non ritroviamo mai la stessa struttura fatta da blocchi di tufo, questa si trova solamente a Roma e nel Lazio. Il Tabularium ha delle finestrelle che nel Medioevo venivano utilizzate come porte d’accesso, perché il terreno nel Campo Vaccino durante quell’epoca era così elevato che arrivava al livello delle finestre.
Giove Statore è il dio dei confini, rappresentato all’interno di un unico blocco di pietra. Per trovare il livello originario della fondazione di Roma bisogna scavare fino a 13 metri di profondità dal punto in cui si trova il tempio della triade capitolina, che comprende il tempio di Giove.
Valadier sistema e restaura il Foro Romano utilizzando materiali diversi per far riconoscere la parte originale rispetto a quella restaurata, cosa che adesso non si fa più.
Lapis Niger: piccolo sacello con tempietto aperto, che si chiama così perché il pavimento è fatto con una pietra nera. Accanto al Lapis Niger c’è il Volcanal, fossa votiva arcaica in cui è stata ritrovata l’iscrizione in latino più antica di cui si sia a conoscenza, un misto tra latino ed umbro sabellico che si scriveva da destra a sinistra e che i Romani per ragioni di comodità abbandonarono quasi subito. Oltre, c’è il tempio del Divo Giulio ed una zona di case. La Via Sacra continuava verso la valle del Colosseo per poi girare verso destra, in direzione del Circo Massimo. Un ramo della Via Sacra invece girava verso sinistra in direzione della Velia, il colle che univa il Palatino all’Oppio e che non esiste più perché fu scavato da Mussolini per costruire la via dei Fori Imperiali.
Tempio della Concordia: ne restano tre colonne, fu innalzato per celebrare la concordia tra plebei e patrizi dopo l’arroccamento dei primi sul colle Aventino. Accanto un altro podio corrispondeva al tempio del Divo Vespasiano e Tito. Portico degli dei Consenti: comprendeva 12 statue di divinità e viene menzionato dai cataloghi regionali che servivano per girare a Roma e che ci narrano di questi monumenti, una specie di guide turistiche dell’epoca.
Uno dei primati di Roma, oltre ai Musei Capitolini come primo museo pubblico del mondo inaugurato a fine ‘500, è quello di possedere il primo orto botanico del mondo, ossia una raccolta di piante, che sarebbero gli Horti Farnesiani.
Le statue dei Dioscuri (talvolta rappresentati con dei cavalli) ai lati della cordonata del Campidoglio hanno un cappello a punta che in realtà è un uovo, perché i Dioscuri sono figli di Leda e di un cigno. Giove, spiando Leda che faceva il bagno in un lago, se ne innamorò e per non farsi riconoscere si trasforma in un cigno. Dall’unione dei due nascono i Dioscuri, che per questo motivo hanno in testa l’uovo. I due Dioscuri, Castore e Polluce, sono i rappresentanti dell’ordine equestre, ecco perché spesso compaiono i cavalli, così piccoli perché i Romani utilizzavano cavalli iberici, più piccoli e tozzi ma anche più resistenti dei cavalli arabi.
Le due statue ai lati sono chiamate i Trofei di Mario, trofei militari a cui sono attaccate le armi, che sono stati trovati a Piazza Vittorio.
Durante il primo secolo Roma ha raggiunto un’espansione tale da richiedere un ampliamento del Foro Romano che inizia con Cesare. Già nel IV/III secolo AC tutto ciò che era mercato era stato spostato nella zona del Foro Boario e del Foro Olitorio, quindi nel Foro Romano rimaneva la parte religiosa e politica di rappresentanza. Cesare aveva grandi progetti per Roma, tra cui quello di cambiare il corso del Tevere nell’intento di creare nuovi spazi per la nuova Roma, ma non ebbe tempo per realizzare tutti i suoi progetti e non riuscì neanche a vedere concluso il suo foro, che per far costruire aveva sborsato di tasca sua 60.000 sesterzi (l’equivalente di qualche milione di euro) anche per acquistare il terreno su cui fu edificato, importante terreno di speculazione edilizia perché si trovava vicino al Foro Romano. Cesare inizia così la costruzione di questa piazza con lo scopo di creare una sorta di pubblicità per il suo potere: il foro era una vetrina, perché è sì una piazza ma con un tempio dedicato a Venere Genitrice, la generatrice della gens Julia, e quindi della stirpe di Cesare (ed anche, più tardi, di Ottaviano).
Questo foro era quindi una dimostrazione della sua magnificenza e della sua bontà ma anche del suo potere.
Il foro come lo vediamo oggi è un risultato delle distruzioni operate sotto Mussolini, che ha eliminato la parte medievale in favore della Roma imperiale. Prima della fondazione di Roma in questa zona c’era una necropoli, con delle sepolture fatte a pozzetto con all’interno dei vasi biconici di impasto o delle urne a capanna.
Tutti i fori imperiali hanno la stessa struttura: tempio, piazza e portico intorno. È stata trovata un’iscrizione sulla parete di un bambino, che riporta un passo dell’Eneide con errori grammaticali. Ciò ci fa capire anche qualcosa dell’istruzione primaria dell’epoca, che era obbligatoria e gratuita per tutti i bambini di ogni classe sociale fino all’età di 8 anni: c’era un maestro che insegnava a leggere, scrivere e contare. L’Impero Romano era un impero fatto di scrittura, e quindi era interesse dello Stato che tutti sapessero leggere le targhe che rendono onore ad imperatori e politici ma anche gli editti, ed anche le monete, altrimenti non ci sarebbe stata comunicazione.
Il foro di Traiano è il più grande ed il più recente, e Traiano per costruirlo ha completamente scavato una collina che partiva dal Quirinale ed arrivava fino al Campidoglio, alta quanto la colonna traiana, cioè quasi 35 metri. Tutta la terra scavata è stata portata fuori Roma, nel suburbio. Per risarcire il taglio del Quirinale ha dovuto costruire i Mercati di Traiano, fatti su quattro gradoni per chiudere la ferita del taglio del colle. Il foro di Traiano è una piazza normale strutturata come gli altri fori; gli scavi hanno restituito l’ingresso monumentale a questo foro. La colonna traiana da fuori non era visibile, perché ai lati c’erano due biblioteche, una greca ed una latina, a più piani ed alte come la colonna. Dove si vede una selva di colonne c’era la Basilica Ulpia-Traiana, dove si amministrava la giustizia e si svolgevano i processi. La colonna era visibile quindi soltanto entrando in questi edifici, e diverrà la tomba dell’imperatore Traiano, l’unico ad essere sepolto all’interno del pomerium, alla base della colonna che al suo interno è percorribile attraverso una scala elicoidale. La colonna traiana narra le due guerre di Traiano contro i Daci, gli attuali rumeni, regione ricchissima piena di miniere d’oro ma anche di altri metalli. Con l’oro proveniente da questa vittoriosa campagna militare Traiano finanzierà la costruzione del suo foro. Le basiliche erano così grandi perché ospitavano più processi contemporaneamente, spesso divisi da una tenda. Dietro la basilica abbiamo la piazza vera e propria, con delle lastre di marmo che coprivano la pavimentazione e che sono state poi portate via e riciclate in altri monumenti. I Mercati di Traiano, come la colonna, non erano visibili da fuori perché un muro chiudeva completamente tutta la struttura dei mercati. In realtà non erano dei mercati veri e propri ma degli uffici per la gestione della distribuzione del grano, o frumentatio. Traiano è l’imperatore che costruisce il porto a Fiumicino, e quindi riorganizzando la distribuzione del grano e delle merci ha bisogno di uffici per gestirne la distribuzione. La massima espansione di Roma avviene proprio sotto Traiano, e l’Impero Romano a quell’epoca è una macchina enorme che necessita di uffici per la gestione di tutto quanto.
La parte medievale dei mercati è stata completamente distrutta a parte una piccola struttura superiore fatta a tufelli che data all’incirca al 1200. C’era una cisterna dove arrivavano le condotte degli acquedotti, e le tubature distribuivano l’acqua mantenendo una pendenza costante del 2%. Acquedotti e cisterne venivano periodicamente svuotati e puliti, la manutenzione in questo senso era ottima. All’interno avevano un ricircolo d’acqua continuo e gli angoli erano smussati in modo da non avere mai ristagno di acqua.
C’era la via Biberatica e la grande aula dei mercati attraverso cui possiamo vedere la grandezza del costruttore Apollodoro di Damasco, architetto di Traiano.
Traiano celebra la costruzione di questo edificio eccezionale nel suo foro attraverso le monete, in cui si vede l’ingresso monumentale, la statua equestre e la colonna.
Ottaviano, primo imperatore, capisce l’importanza della propaganda e giustifica il fatto di essere diventato imperatore legando la sua figura a degli eroi del passato; il suo foro diventerà un museo a cielo aperto che celebra la gens Julia, la stessa da cui discendono lui e Cesare. Ci mette le statue dei sette re di Roma, ed anche quelle di Enea ed Anchise perché Virgilio aveva scritto del legame di Roma con la città di Troia (ed infatti a Roma venne fondato anche il tempio della Magna Mater Cibele durante la seconda guerra punica, unico tempio non romano costruito non solo all’interno del pomerium ma proprio a lato della capanna di Romolo!).
Queste statue stavano sotto i due portici che creavano un colonnato ai lati; era una piazza chiusa e separata dalla parte di Roma considerata popolare e malfamata, la Suburra. Augusto separa le due parti con un muro fatto di tufo spargi fuoco, di modo che i frequenti incendi non si diffondessero anche nella parte istituzionale. C’era un’unica apertura fatta da un arco originale che ancora oggi possiamo vedere, e delle aperture rettangolari cieche che dovevano servire per la sistemazione delle statue. La pavimentazione policroma ed i marmi ci danno un’idea della grandezza e bellezza di questa struttura. C’era il tempio di Marte Ultore, cioè vendicatore, dove spesso si riuniva il Senato, e sopra c’era un monastero. La piazza si collegava direttamente col Foro Romano e col Foro di Cesare, era una sua prosecuzione naturale.
Foro di Nerva: successore di Domiziano, che però non voleva essere imperatore. Fu scelto dalla guardia pretoriana già in età avanzata per l’epoca, sicuramente dopo i 55 anni, e si trovò a dover costruire un foro nello spazio rimanente. Ecco perché il suo foro viene chiamato anche foro transitorio, perché veniva usato dai Romani come corridoio per passare da un foro all’altro. Non aveva neanche lo spazio per fare un vero e proprio portico: le colonne sono direttamente attaccate al muro, quindi non ci si può passare sotto. Vi aveva però fatto costruire il tempio dedicato a Minerva, la stessa divinità preferita da Domiziano. Si vede Minerva con la lancia ed il fregio continuo, tipico dello stile ionico, che ci racconta la storia di Minerva ed Aracne, una tessitrice bravissima che Minerva decide di sfidare. Aracne vince e Minerva costringe Aracne a tessere per sempre (nel fregio vediamo anche i telai).
Il tempio della Pace aveva un grande fornice laterale e delle strutture perpendicolari al tempio secondo la Forma Urbis di Settimio Severo, in scala precisa, di cui oggi restano soltanto pochi frammenti. Questa era un specie di catasto che serviva all’imperatore per poter tassare i cittadini e controllare urbanisticamente la città. La Forma Urbis era attaccata in corrispondenza della parete laterale del portico col tempio della Pace al centro del Foro di Vespasiano. I buchi che si vedono su questa parete sono i segni lasciati dalle grappe a forma di L che tenevano le lastre di marmo della Forma Urbis.
Nel Medioevo avviene un processo di ruralizzazione della città: i monumenti antichi vengono abbandonati e smontati per costruire delle casette a scopo abitativo, e la popolazione si riduce moltissimo demograficamente. In questo periodo, ma già prima del IX secolo, nascono le calcare, grandi forni dovevano venivano messi i marmi per poi riciclarli in altre costruzioni.
Prima della costruzione del Colosseo c’erano soltanto strutture posticce in legno che venivano poi smontate dopo gli spettacoli. I lanisti compravano i gladiatori, schiavi di guerra, come investimento importante, e questi venivano poi ingaggiati tramite il lanista dai politici e più tardi dagli imperatori che organizzavano i giochi. Non erano molti i gladiatori che morivano nelle arene perché costavano molto. I gladiatori più famosi si allenavano e vivevano nel Ludus Magnus, collegato al Colosseo tramite un tunnel lungo 180 metri ed ancora oggi percorribile. I gladiatori infatti non potevano uscire all’aperto, altrimenti sarebbero stati assaltati dai fan! Tramite i combattimenti potevano ottenere la libertà dal lanista, ed erano spesso oggetto del desiderio segreto delle matrone romane, che di notte uscivano per incontrarsi con loro.
Il sangue dei gladiatori era considerato il Viagra dell’epoca, venduto a caro prezzo da coloro che lo raccoglievano di nascosto nelle arene per poi rivenderlo a caro prezzo.
L’assegnazione dei posti al Colosseo rispettava la gerarchia sociale, e l’arena era formata da legno ricoperto di sabbia mischiata a della polvere di vetro per creare un effetto cangiante.
Dobbiamo immaginare una vera e propria scenografia all’interno del Colosseo che cambiava di continuo. Non si facevano naumachie all’interno del Colosseo, perché i sotterranei sono stati fatti contestualmente alla costruzione del Colosseo e quindi non sarebbe stato possibile allagare l’arena. Le naumachie si svolgevano inizialmente nel Circo Flaminio, fino alla costruzione di un un edificio circolare preposto a queste battaglie navali costruito da Augusto nel Campo Marzio vicino al Tevere, da dove si prendeva l’acqua per allagare l’area, e di cui oggi non è rimasto nulla. Ogni arco del Colosseo aveva una statua. I Romani avevano circa 240 giorni di festa durante l’anno, e dei veli coprivano le gradinate per la pioggia e il sole. Questo velum copriva gli spalti e questo veniva steso dai marinai di Porto Miseno, vicino Capua, quindi militari che tiravano delle cime enormi legate a delle pietre forate che ancora oggi si possono vedere dalla parte di San Giovanni in Laterano. I giochi duravano diversi giorni, dalla mattina alla sera, e per questo motivo i Romani mangiavano anche durante questi giochi. I sotterranei sono interessanti anche per la presenza di cellette con delle guide in travertino che servivano per portare su sia i gladiatori che gli animali feroci, che venivano dal Nord Africa che venivano stoccati a Castelfusano e poi trasportati qui all’occorrenza con dei carri. I Romani hanno fatto dei disastri ecologici mostruosi, perché non avevano la coscienza di ciò che provocavano.
L’Arco di Costantino è un’accozzaglia di parti diverse, e celebra la sua vittoria contro Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio. Le immagini dei Daci con le mani legate vengono dal Foro di Traiano, i rettangoli sono di Marco Aurelio, i tondi di Adriano, perché quest’arco si doveva costruire in fretta. Costantino utilizza il simbolo dei cristiani per vincere questa battaglia, perché molti dei suoi soldati erano cristiani. È originario della Dalmazia, la parte più estrema dell’impero, e compie una strage familiare.
Massenzio rappresenta l’Antico Impero, i senatori, la Roma degli dei e del paganesimo, mentre Costantino rappresenta una nuova Roma anche se affinché quella cristiana diventi la religione ufficiale dell’impero bisognerà aspettare Teodosio.
Dietro il tempio di Venere e Roma c’è uno scavo aperto dove sono state trovate le insegne di Massenzio con il suo scettro racchiuse in una cassetta di legno probabilmente portata in questo punto simbolico, vicino al Palatino, da un suo suddito o un soldato che per rappresentare l’imperatore vi accluderà una moneta non ancora uscita con l’effigie di Massenzio. Le insegne sono ora conservate nel Museo Massimo alle terme.
Articolo scritto da Esther Maurini (sitter Roma)